venerdì 31 ottobre 2008

29.10.08. Interivista al Presidente di A C su Famiglia Xna


Ecco il testo dell'intervista rilasciata a Famiglia Cristiana del 2.11.2008 da parte del Presidente nazionale di A C, prof. F. Miano.
Discutiamone nelle nostre assocazioni...recuperiamo il senso del ruolo dei laici anche all'interno della Chiesa...l'attenzione alla persona, alla vita, all'educazione, al bene comune sono temi che vanno rimessi al centro del dibattito pubblico e della stessa società.

LA COSTITUZIONE TRADITA
Federalismo, vita, economia, immigrati: «Stiamo tradendo la nostra Carta, che ha le sue radici nella solidarietà tra i cittadini e i corpi sociali». E i cattolici devono svegliarsi.
«Il rischio maggiore che sta correndo oggi il nostro Paese? Il localismo esasperato, la fatica a mettersi insieme per risolvere i problemi, uno Stato sempre più debole e un’economia poco governata».
Parla il professor Franco Miano, docente di Filosofia morale all’Università di Roma Tor Vergata, da qualche mese nuovo presidente dell’Azione cattolica italiana, e denuncia che anche tra i cristiani c’è la tendenza a rinchiudersi in un orizzonte dorato, rilevando che in Italia «aumentano le diseguaglianze».

Professore, di cosa si tratta?
«Di tradimento della Costituzione, che, invece, ha le sue radici nella solidarietà tra i cittadini e i corpi sociali».

Vale anche per l’economia?
«Certo. Il capitalismo selvaggio o, come alcuni preferiscono dire, creativo, che ha portato il mondo sull’orlo della bancarotta, Italia compresa, non è quello che è stato disegnato dalla nostra Carta costituzionale».

Come sta il Paese?
«È attraversato da profonde ambivalenze. Accanto a tante risorse, c’è il rischio di ulteriori chiusure. Fa fatica a risolvere insieme i problemi».

Faccia un esempio...
«La lotta alla criminalità. Tutti, singolarmente, dicono di agire, sono pronti a denunciare, ma, poi, manca l’impegno per scelte comuni ed efficaci. La stessa cosa vale per gli immigrati, ma anche per la difesa della vita. Non ci si preoccupa di formare mentalità, opinioni pubbliche. Prevale solo l’utile immediato e personale, non ci si spende più per ciò che ha valore di progetto comune».

Sull’immigrazione si stanno sfiorando le leggi razziali...
«E sa perché? Perché non mettiamo più al centro la dignità di ogni persona, pur proclamandola a parole».
Vale anche per i cristiani?
«Eccome. I cristiani in Italia, che sono pur sempre un’ampia fetta della popolazione, rischiano di vivere soltanto un cristianesimo di facciata, come se la fede non dovesse avere conseguenze sul piano della convivenza. E tra esse c’è quella di occuparsi dei poveri. Invece, purtroppo, tanti cristiani finiscono per mettersi dalla parte dei ricchi, piuttosto che da quella dei poveri».

Vede un aumento delle diseguaglianze nel nostro Paese?
«Penso che l’Italia si stia dimenticando che, finché ci sarà un solo povero, sulla giustizia c’è qualche problema. Se le diseguaglianze aumentano, allora stiamo tradendo la Costituzione».
Non è solo un problema di ridistribuzione del reddito?
«Lo è in parte. Perché c’è chi non ha reddito e continua a non averlo. Noi tendiamo a ridistribuire a chi ha già. Dunque, i problemi sono due: i poveri e chi finisce sotto la soglia della povertà. Ma non vedo tanta preoccupazione nella politica per i poveri».


E sulle istituzioni?
«Gli uomini e le donne di Azione cattolica le hanno costruite con grande passione. Crediamo alla centralità del Parlamento. Non c’è solo il rispetto formale delle leggi per far funzionare una democrazia, ma anche il dibattito. Oggi tutto si riduce allo scontro di posizioni diverse, che non migliora il Paese. E ciò accade perché i luoghi del confronto sono stati esautorati nel loro sostanziale peso e valore. L’Azione cattolica, invece, insite perché accanto a una democrazia delle regole funzioni, e bene, una democrazia dei valori. E il Parlamento è il luogo di riferimento essenziale, dove far risuonare la vita reale della gente».

Il prossimo terreno di scontro sarà il federalismo...
«È un tema delicato, perché nell’Italia delle Regioni va realizzato uno specifico riordino amministrativo, ed eventualmente anche fiscale. Ma ciò non significa consolidare l’esistente, dunque, le diseguaglianze. Così come la sussidiarietà non è semplice decentramento. Un Paese non si consolida mettendo una parte contro un’altra».
Cosa insegna la crisi finanziaria?
«Tante cose. Prima di tutto che il mercato non può essere lasciato senza regole. E poi, che la politica deve dire la sua sull’economia e non, invece, lasciare che l’economia la condizioni totalmente. Infine, questa crisi pone un problema di stili di vita, e il tema della ricerca di una nuova sobrietà, che vuol dire anche vivere del proprio lavoro».

Per i cristiani, in tutto ciò c’è un ruolo della parola di Dio?
«Certo, ma a volte rischia di essere solo proclamata e non vissuta. Bisogna leggerla e metterla in pratica e non lasciare che ci siano solo alcuni gruppi specializzati a studiarla. La Bibbia deve essere il libro che accompagna la vita di ogni laico cristiano, come ha detto nelle scorse settimane il Sinodo dei vescovi».

Ma i laici non si sono un po’ ritirati in questi ultimi anni? «Le grandi trasformazioni sociali e politiche hanno provocato una sorta di spaesamento nei laici, e molte volte si è preferito il silenzio. Hanno parlato i vescovi. Oggi, i laici devono recuperare il senso del loro ruolo anche nella Chiesa, senza paure».


È questo il senso della lettera all’Azione cattolica dei vescovi italiani? «Sì: i laici devono parlare forte e con chiarezza, da soli e come associazioni. Devono far risaltare di più argomenti come l’attenzione alla persona, alla vita, all’educazione, nel dibattito pubblico, dentro la Chiesa e dentro il Paese. L’Azione cattolica, diffusa in quasi tutte le parrocchie d’Italia, associazione fortemente popolare, ha davanti a sé un compito impegnativo».

Alberto Bobbio

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