lunedì 21 febbraio 2011

Sbarco dei migranti: accoglienza e rispetto dei diritti fondamentali della persona


Conferenza Episcopale Siciliana
Ufficio Regionale per le Migrazioni
L'Ufficio Regionale per le Migrazioni, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Siciliana che si occupa della cura delle persone coinvolte dalla mobilità umana, è preoccupato che l’arrivo di qualche migliaio di migranti, provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo, possa alimentare posizioni di intolleranza. Il tipo di attenzione mediatica che hanno suscitato gli sbarchi dei giorni scorsi rischia, infatti, di farci dimenticare la circostanza che un Paese di 60 milioni di persone non può entrare in crisi per l'arrivo di meno di 5 mila disperati in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle ingiustizie. Le dichiarazioni di tanti uomini politici non devono trarre in inganno: non è possibile, con la logica dell'emergenza, governare un fenomeno complesso come quello
dell'emigrazione dal Sud del mondo. Il momento di profonda incertezza vissuto dai Paesi della costa meridionale del Mediterraneo, rende inevitabile un ripensamento della politica italiana in materia di immigrazione e di protezione internazionale.
Paradossalmente questa crisi è un'occasione che può rilanciare, anche nel nostro Paese, un confronto su un fenomeno epocale che richiede politiche improntate all'accoglienza e all’integrazione piuttosto che al rifiuto.
Anche la Commissione Episcopale per le Migrazioni e la Fondazione Migrantes, organismi della Chiesa Italiana, con un comunicato stampa del 17 febbraio u.s., hanno espresso la propria posizione, proponendo azioni concrete: “alla riapertura del Centro di Lampedusa e di altri Centri di accoglienza in Italia, alla dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria del Consiglio dei Ministri, debbono seguire almeno tre percorsi politici e sociali”.
Queste le indicazioni:
- creare un percorso strutturale di integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati nel nostro Paese, rafforzando l’esperienza dello SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati);
- valutare la possibilità di un decreto flussi straordinario, che permetta di offrire un regolare inserimento lavorativo di quanti provengono da questi Paesi;
- rafforzare la cooperazione internazionale nei Paesi del Nord Africa, con risorse e piani di sviluppo che mirino a creare macro e micro-progetti, sostenendo il protagonismo delle persone e delle famiglie nordafricane.
Le Chiese di Sicilia in questo momento si sentono particolarmente interpellate e l’Ufficio Regionale per le Migrazioni, attraverso i Direttori diocesani Migrantes, invita la comunità cristiana dell’Isola ad un supplemento di ospitalità, promuovendo e sostenendo atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza che sappiano aiutare la classe politica a non rispondere con la chiusura a chi arriva tra di noi per chiedere giustizia, pace e protezione. Ai mezzi di comunicazione, inoltre, chiediamo una maggiore attenzione nei confronti dei migranti, richiamandoli al rispetto della "Carta di Roma", documento sottoscritto dall'Ordine dei Giornalisti e redatto nel tentativo di evitare la diffusione di informazioni imprecise o sommarie riguardo a richiedenti asilo, rifugiati o vittime della tratta.
Palermo, 21 febbraio 2011

venerdì 18 febbraio 2011

L'irresistibile forza della Bellezza.


Roberto Benigni al festival di Sanremo.

L'irresistibile forza della Bellezza di MARCELLO FILOTEI

Chi conosce la seconda strofa dell'Inno d'Italia? Pochi. Non c'è motivo di dubitare però che almeno i professori d'italiano di qualsiasi ordine e grado non la ignorino. Allora ci deve essere un motivo per cui questa conoscenza non passa ai loro studenti, come non passa quella della Divina Commedia o dei Promessi Sposi guardati con diffidenza in ogni aula. Senza dovere andare a scomodare Verdi, parola che se fosse per la scuola italiana avrebbe soltanto risvolti cromatici. La difficoltà principale allora deve essere quella di mostrare l'attualità di certe opere: perché Dante, Manzoni, Traviata, e anche Mameli e Novaro - che hanno scritto il testo e la musica dell'Inno d'Italia - stanno parlando a noi dei problemi che abbiamo oggi.
Ogni volta che viene riproposto in televisione il film L'attimo fuggente di Peter Weir, o che Roberto Benigni appare in televisione, come è accaduto giovedì al Festival di Sanremo, sulle schiene degli educatori deve correre un brivido di terrore. Ogni volta, infatti, si dimostra che è possibile offrire la bellezza a chiunque, che il bello è utile per capire il mondo (il nostro, non quello coevo degli autori dei capolavori), perché quello che è bello spesso è anche vero, autentico.
A Sanremo Benigni ha proposto una storia dell'Italia liofilizzata e scandita a partire dai versi dell'Inno nazionale, che sicuramente non sono di un livello paragonabile ai versi dei poeti sommi, ma sono belli in quanto veri, ispirati a un ventenne visionario da un ideale perseguito sinceramente fino alle estreme conseguenze.
L'eccesso benignano di retorica è ormai un cliché, ma in questo caso quasi necessario, è difficile infatti immaginare un'altra strada quando si deve riassumere il Risorgimento in mezz'ora di fronte a milioni di telespettatori. Proprio l'eccesso retorico diventa addirittura un merito se consente a chi lo utilizza di conquistare la fiducia di chi lo ascolta per poi cambiare improvvisamente registro e spiattellare una dopo l'altra citazioni altissime, buttate lì come se tutti fossero in grado di coglierle per sottolineare che tutti dovrebbero essere in grado di farlo.
Ma se retorico può essere considerato il metodo, sicuramente autentica è l'adesione emotiva al valore dell'unità del Paese suscitata. Esiste ancora un popolo capace di riscoprire valori comuni quando qualcuno sa toccare le corde giuste per ricordarglieli. Imporre ai giocatori di qualsiasi squadra di cantare l'inno nazionale è inutile. Se tutti conoscessero la propria storia, sarebbe superfluo.
Per raggiungere l'obbiettivo, il comico si diffonde anche in alcuni rudimenti dell'analisi logica, ripristinando la verità storica sul soggetto di alcune frasi: "schiava di Roma" è la vittoria e non l'Italia. Sta di fatto che mai come in quest'occasione tantissimi si sono ritrovati a tifare per Cavour, per Garibaldi, per Pellico, o a parteggiare per quel palermitano che innescò la rivolta dei Vespri siciliani uccidendo un soldato angioino che aveva offeso la moglie: in poche parole per la Bellezza della libertà. Strano però, perché è già tutto scritto nei libri. Di più, gli aneddoti citati da Benigni sono in gran parte quelli che si trovano su Wikipedia, primo risultato di un qualsiasi motore di ricerca che, peraltro, quasi nessuno si prende la briga di interpellare su questi temi.
Niente di nuovo sul piano storico, non è a Benigni che si chiede un tale sforzo. Di originale c'è l'insistenza sul concetto di Bellezza che per fortuna, come ci insegna Thomas Mann nei Buddenbrooks, "ci può trafiggere come un dolore", ma sicuramente "salverà il mondo". Non c'è altra possibilità.

(©L'Osservatore Romano - 19 febbraio 2011)

sabato 12 febbraio 2011

Misura, Decoro, Rispetto.

Misura, Decoro, Rispetto: Modelli per le nuove generazioni

Riflessione dell’Azione Cattolica Italiana su alcune tematiche educative e culturali che attengono anche all’attualità della vita politica del nostro Paese.

Ci troviamo, come Azione cattolica italiana, nell’ambito del XXXI Convegno Bachelet, a riflettere sui 150 anni dell’unità d’Italia, un appuntamento che ci vede, come cattolici, particolarmente partecipi perché parte integrante della nostra nazione. La stessa associazione è stata, infatti, tra le primissime realtà dello Stato unitario ad avere una connotazione nazionale. Un’attenzione che è squisitamente nello stile dell’associazione chiamata e impegnata a formare le coscienze, capace di offrire alle persone di ogni età e condizione di vita un cammino di attenzione all’altro e al bene comune. Proprio Vittorio Bachelet, approfondendo il legame tra educazione e bene comune, sottolineava: «Educare al senso del bene comune vuol dire formare a un retto e vigoroso ideale, aiutando l’uomo a impadronirsene con l’intelligenza e ad adeguarvi la sua formazione spirituale morale tecnica. Vuol dire formare l’uomo a una lineare aderenza agli essenziali immutabili principi della convivenza umana e in pari tempo al senso storico, alla capacità cioè di cogliere il modo nel quale quei principi possono debbono trovare applicazione fra gli uomini del suo tempo; vuol dire altresì rendere consapevole l’uomo della necessità di attrezzarsi spiritualmente, intellettualmente, moralmente, tecnicamente per divenire capace di attuare concretamente quei principi nella concreta convivenza umana in cui è chiamato a vivere».
È per questo che la nostra riflessione, che parte dal cammino unitario nazionale, oggi si ferma a guardare alle vicende del Paese e a sottolineare alcune ripercussioni di natura educativa, forse sinora sottovalutate. Bene ha fatto il cardinale Angelo Bagnasco, nella recente prolusione ad Ancona al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, a evidenziare il disastro antropologico che si compie a danno dei giovani e di quanti sono nell’età in cui si fanno le scelte definitive per il futuro della propria esistenza. C’è una rappresentazione fasulla dell’esistenza, c’è un tentativo di mettere in primo piano il successo basato «sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé». Il rischio è che le recenti vicende, che trovano ampio spazio nei media, facciano emergere la desiderabilità di stili di vita per i quali «il potere può tutto». È per questo motivo che torniamo a dire una parola non sui risvolti politici, ma su quelli, appunto, educativi.

NON È EDUCATIVA l’immagine della donna emersa in numerosi racconti giudiziari e mediatici. Ne è stata ripetutamente e insistentemente violata l’intangibile dignità, libertà, uguaglianza. NON È EDUCATIVA, allo stesso tempo e con la stessa intensità, l’immagine dell’uomo incapace di riconoscere nel corpo della donna, e nel proprio, un dono straordinario, certamente non finalizzato ad appagare un desiderio egoistico di possesso. È, invece, EDUCATIVO, a nostro avviso, ridire con forza, con parole condivisibili da tutti, la bellezza vera di ogni età e di ogni soggettività, il senso profondo dell’essere uomo e dell’essere donna. Per questo chiediamo al mondo dei media un modo diverso di comunicare senza ammiccamenti e senza ridurre la donna e l’uomo solo a corpo da guardare, da possedere, da sfruttare.
NON È EDUCATIVA l’idea che i giovani e gli adolescenti, per realizzarsi, debbano mettere da parte i propri talenti, seguendo tristi scorciatoie. È difficile costruire un mondo diverso e migliore se l’unico insegnamento trasmesso alle nuove generazioni è quello di cercare ostinatamente i favori del potente. È EDUCATIVO, ed importante, valorizzare e dare sempre più spazio ai giovani talenti dello studio, della ricerca, dei mestieri e delle professioni, ai giovani del volontariato e del servizio gratuito agli altri. Scegliamo con consapevolezza quali modelli culturali offrire a tutti, senza, ovviamente, cadere nel moralismo di facciata.
NON È EDUCATIVA la percezione che il riserbo delle inchieste giudiziarie sia costantemente minato da interessi politici e giornalistici, e che sul sistema della giustizia si addensi l’ombra della manipolazione di parte. Allo stesso tempo, DISEDUCA al valore dell’informazione assistere sui media ad una guerra frontale, caratterizzata anche da “dossieraggi” e “killeraggi” contro i propri “nemici”, che siano politici della parte avversa o magistrati o uomini della cultura e dell’informazione. Vorremmo sottolineare che non è casuale la contemporanea perdita di credito, tra gli italiani, e della politica e della giustizia e dei media, i tre attori di un circolo che sta diventando oltremodo vizioso. È EDUCATIVO, al contrario, riaffermare il senso della deontologia e dell’imparzialità in professioni, ruoli e responsabilità pubblici ad alto valore civile, fondamentali per la tenuta della democrazia.NON È EDUCATIVO coinvolgere nei conflitti giudiziari, mediatici e politici le istituzioni della Repubblica. Siamo ad un passo da un baratro che porterebbe i cittadini a ritenere le istituzioni come parte in causa dei conflitti tra persone e gruppi di potere, e non più come luoghi di tutela. È EDUCATIVO, al contrario, promuovere un intenso sforzo: tenere le istituzioni fuori dalla bagarre, restituirle alla loro credibilità pubblica e alla loro funzione di servizio, facendo in modo che in queste vicende possano essere punti di riferimento saldi, e non parti in gioco.
NON È EDUCATIVA la passività dell’opinione pubblica. È, invece, EDUCATIVO l’esercizio di una cittadinanza attiva e responsabile.

È dunque EDUCATIVO valorizzare il tanto che di buono, operoso, lungimirante, concreto offre ancora oggi il nostro Paese. Ci sono realtà, civili e ecclesiali, che ogni giorno si sforzano di veicolare queste idee per costruire davvero un tessuto di valori positivi e condivisi. Ci sono agenzie educative, come la scuola, in cui tra mille difficoltà si cerca di formare anche ad una vita civile consapevole. E ci sono famiglie – le quali costituiscono ancora il cardine della nostra società – che, pur fra innegabili difficoltà, cercano di dare una cornice di riferimento etica ai loro figli. Forse in questo momento tutto ciò può sembrare di secondaria importanza. Ma chi crede nel futuro sa che non è così. Ed è per questo che ci appelliamo a tutti i protagonisti delle attuali vicende perché recuperino urgentemente, per il bene del Paese, il senso della misura, del decoro, del rispetto. L’Italia necessita di giovani sereni, coscienziosi e operosi; di adulti sobri, responsabili e aperti. Su italiani come questi si può costruire un domani migliore.
Roma, 12 febbraio 2011

sabato 5 febbraio 2011

«Voi siete il sale della terra...Voi siete la luce del mondo..."

"...La comunità dei cristiani ha questo grande dono, che non è però mai da dare scontato. A volte ci si dimentica di esser sale e luce della terra e si pensa che la fede sia una cosa “privata” e solamente “di culto” (sono cristiano perché credo intimamente in Dio e vado in chiesa…).
Essere cristiani è qualcosa che ci rimanda al mondo nel quale siamo quotidianamente inseriti. E’ li che si vede se abbiamo vero sapore e siamo veramente portatori di luce. Dove c’è un cristiano dovrebbe esserci più luce che tenebre, più pace che guerra, più amore che odio, più solidarietà che egoismo. Dove c’è una vera comunità cristiana dovrebbe esserci un luogo fatto di persone che danno sapore vero di fraternità nei rapporti spesso insipidi e smorti della società moderna, sempre di corsa e altamente conflittuale.
Riprendiamo dunque in mano con insistenza questo vangelo. Rileggiamo e ripensiamo continuamente questo “voi siete sale della terra… voi siete la luce del mondo…”da soli, in famiglia, in coppia, tra amici… Facciamo penetrare le parole di Gesù fin dentro l’animo, in modo che la nostra fede non perda sapore e la nostra luce interiore non si spenga. Il mondo ha bisogno della luce di Cristo e del sapore forte del suo vangelo.
...".