sabato 23 aprile 2011

Buona Pasqua di Resurrezione.


La Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna: che questa Pasqua sia Pasqua di speranza per tutti. Veramente per tutti!

Papa Benedetto XVI in uno dei suoi Messaggi Urbi et Orbi ha detto:
Gesù Cristo ha liberato l’uomo dalla schiavitù radicale, quella del peccato, e gli ha aperto la strada verso la vera Terra promessa, il Regno di Dio, Regno universale di giustizia, di amore e di pace. Questo “esodo” avviene prima di tutto dentro l’uomo stesso, e consiste in una nuova nascita nello Spirito Santo, effetto del Battesimo che Cristo ci ha donato proprio nel mistero pasquale. L’uomo vecchio lascia il posto all’uomo nuovo; la vita di prima è alle spalle, si può camminare in una vita nuova (cfr Rm 6,4). Ma l’“esodo” spirituale è principio di una liberazione integrale, capace di rinnovare ogni dimensione umana, personale e sociale.
Sì, fratelli, la Pasqua è la vera salvezza dell’umanità! Se Cristo – l’Agnello di Dio – non avesse versato il suo Sangue per noi, non avremmo alcuna speranza, il destino nostro e del mondo intero sarebbe inevitabilmente la morte. Ma la Pasqua ha invertito la tendenza: la Risurrezione di Cristo è una nuova creazione, come un innesto che può rigenerare tutta la pianta. E’ un avvenimento che ha modificato l’orientamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dalla parte del bene, della vita, del perdono. Siamo liberi, siamo salvi! Ecco perché dall’intimo del cuore esultiamo: “Cantiamo al Signore: è veramente glorioso!”.

Pace e Gioia a tutti Voi...carissimi amici: Buona Pasqua di Resurrezione.

giovedì 14 aprile 2011

L'Avvenire boccia la legge del c.d. "processo breve".



Può essere utile al di là delle partigianerie, leggere questo articolo pubblicato su Avvenire di oggi.

Ma non chiamatelo «processo breve»
Alzi la mano chi desidera un processo lungo, estenuante e spesso inconcludente come gran parte di quelli che si celebrano (o si trascinano) per anni nei tribunali italiani. Una legge sul «processo breve», ovvero un provvedimento che riuscisse davvero a garantire l’amministrazione della giustizia in tempi certi e ragionevoli, sarebbe perciò l’uovo di Colombo, oltre che la medicina più indicata per curare il male di cui soffre questo settore. Già, perché se si riuscisse a guardare l’Italia senza le lenti deformanti della partigianeria (ormai vero sport nazionale, al pari del calcio), si vedrebbe un Paese stritolato dalla "questione giudiziaria".

Con questa definizione non vanno intese, però, l’urgenza dell’attuale presidente del Consiglio di risolvere i suoi guai con taluni magistrati di Milano e la costanza (non priva di forzature procedurali, né, talvolta, perfino di venature d’astio) con la quale questi ultimi lo incalzano ormai da quasi vent’anni, bensì proprio la lentezza dei processi civili e penali. La stessa che ci procura continue condanne a Strasburgo per «irragionevole durata» delle cause. E che ci vede dietro a diversi Stati in via di sviluppo nella classifica mondiale dei luoghi dove occorre più tempo per recuperare un credito: 1.210 giorni, più di tre anni.

Ebbene, ieri, in una Camera dei deputati in tumulto, ha compiuto il giro di boa un disegno di legge d’iniziativa parlamentare che contiene proprio «misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». A che cosa servirà, una volta che avrà incassato anche il voto favorevole del Senato ed entrerà in vigore, presumibilmente subito dopo Pasqua? La risposta degli oppositori è: a evitare a Silvio Berlusconi una condanna in primo grado nel processo Mills (comunque destinato a finire nel nulla prima della sentenza definitiva), accorciando di qualche mese i termini della prescrizione grazie a una norma infilata nel testo dal relatore Paniz del Pdl, dopo che la maggioranza aveva accettato, come segnale di distensione e apertura al dialogo sulla più ampia riforma costituzionale della giustizia proposta dal ministro Alfano, di cancellare la norma transitoria che consentiva l’applicazione della legge ai processi in corso, inclusi quelli che vedono imputato il premier.

La versione della maggioranza e del governo è, invece, che il provvedimento è necessario in quanto mette al riparo tutti i cittadini dalla eccessiva lunghezza dei processi, dichiarandone l’estinzione qualora non si concludano in tre anni per il primo grado, due anni per l’appello e diciotto mesi per l’eventuale sentenza di legittimità, perché una giustizia che arriva più tardi è comunque una giustizia negata.

Entrambe le risposte sono vere. Del resto, l’una non esclude l’altra. Sia la domanda, sia le risposte, tuttavia, non sembrano centrate. Sarebbe meglio chiedersi, infatti, a che cosa non servirà questa legge, per convenzione e sintesi giornalistica definita «sul processo breve». E la risposta è che, purtroppo, non servirà ad abbreviare i tempi dei processi. Come tutti i testi analoghi da cui è stata preceduta (approvati, come la legge Pinto del 2001 o la "ex-Cirielli" del 2005, oppure rimasti allo stadio di proposta, come quella del 2006 firmata anche dall’attuale capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro, allora nell’Ulivo, e ancor prima, nel 2004, da cinque suoi compagni di partito nei Ds, tra i quali l’attuale consigliere "laico" del Csm Guido Calvi) potrà soltanto prendere atto, di volta in volta, di un fallimento: quello di uno Stato che non riesce a garantire una sentenza definitiva in tempi ragionevoli. Ma questa è la radiografia del male, non la cura.
Danilo Paolini

mercoledì 6 aprile 2011

I Vescovi di Sicilia e l'emergenza migrazioni.

La Sessione primaverile della Conferenza Episcopale Siciliana si è svolta a Palermo il 4 e il 5 aprile scorsi, nella sede di corso Calatafimi.

1.Una particolare attenzione è stata riservata alla complessa questione dell’emergenza migrazioni, in seguito ai moti popolari che negli ultimi mesi hanno interessato soprattutto i Paesi del Nord Africa con pesanti ripercussioni sulla nostra Isola. I Vescovi si sentono interpellati a pronunciare una parola chiara, convinta e responsabile sul momento presente, ben sapendo quanto le questioni in gioco siano complesse, difficili ed impegnative, con un intreccio fra emergenze concrete, obiettivi politici e interessi economici.
Essi si sono soffermati sui problemi legati all’intervento militare in Libia, all’emergenza dei profughi e dei rifugiati, al dovere dell’accoglienza.

In sintonia con l’appello del Santo Padre Benedetto XVI che ha ribadito “l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione” per “l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi”, i Vescovi fanno eco all’auspicio espresso dal Card. Bagnasco e fatto
proprio dal Consiglio Permanente della CEI affinché s’individui “una «via africana» verso il futuro”, che assicuri la pacifica convivenza tra i popoli.

Le soluzioni adottate - a Lampedusa, come a Mineo, Trapani, Caltanissetta… - di fronte all’elevato numero di persone coinvolte, “ghettizzate” in grandi centri di accoglienza o tendopoli, non sono rispettose della dignità umana delle persone immigrate e non sono idonee ad una loro integrazione con il territorio, oltre che a risultare problematiche per le popolazioni locali.
Non considerando la situazione drammatica presente in quei Paesi, si rischia di portare all’esasperazione gli animi degli immigrati al fine di ottenere il loro rimpatrio e dissuadere dal partire chi è rimasto nei Paesi di origine.
Gli interventi impostati su logiche di ordine pubblico non valorizzano adeguatamente le risorse del volontariato e delle istituzioni non profit e lo spirito di solidarietà delle nostre popolazioni.
Davanti al dramma degli sfollati, dei profughi e dei richiedenti asilo, i Vescovi riaffermano il valore imprescindibile della persona umana, l’impegno della Chiesa ad educare ad una cultura dell’accoglienza e ribadiscono la propria disponibilità a collaborare con gli Organismi responsabili ad alleviare i disagi degli immigrati attraverso soprattutto le Caritas diocesane, che sono pronte a mettere a disposizione le proprie risorse umane e materiali.

I Vescovi siciliani chiedono con forza che tutte le Regioni italiane si facciano carico con generosità di questa emergenza e che le Chiese europee intervengano perché tutti i Paesi del continente siano presenti in modo concreto, immediato e congruo. Essi ribadiscono la necessità che l’Europa si faccia carico di queste emergenze e non chiuda le porte al grido dei popoli in difficoltà, ma si impegni a realizzare concretamente autentiche politiche di cooperazione che potranno assicurare a tutti sviluppo e pace duratura.

Al Governo e alle Istituzioni politiche d’Italia chiedono, secondo le indicazioni della Caritas e della Fondazione Migrantes, di applicare le misure di protezione temporanea a tutti coloro che sono sbarcati in questi mesi e di promuovere modalità di inserimento lavorativo più flessibili che consentano un’accoglienza che vada al di là della prima risposta.

I Vescovi, dopo aver ascoltato la relazione dell’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, esprimono sincera e cordiale ammirazione per la testimonianza di grande generosità e il senso di accoglienza che da sempre contraddistingue la comunità lampedusana che, in una situazione difficile, ha continuato ad aprire le porte agli immigrati richiedenti aiuto.
I pastori delle Chiese di Sicilia chiedono altresì che il Governo italiano tenga conto dei sacrifici compiuti da questa popolazione e mantenga le promesse fatte.

I Vescovi, rilanciando gli orientamenti della Settimana Sociale dei cattolici, chiedono la rivisitazione della disciplina sulla cittadinanza, della normativa sulla ricomposizione familiare e una riforma generale della legge sull’immigrazione. Ricordano altresì che il fenomeno migratorio è ormai stabile e strutturale, e pertanto richiedono da parte dello Stato e della Chiesa una costante e rinnovata attenzione che non può fermarsi alla gestione dell’emergenza attuale..."
Dal comunicato stampa